Davide Dedè – Valentina Meschia

Intervista a Davide Dedè, giovane cantautore e regista in radio

Davide Dedé, nasce a Milano il 19 Maggio del 1984. Il suo amore per la musica lo porta a intraprendere lo studio della chitarra e della teoria, sin dall’età di sei anni. Nel corso dei suoi studi si avvicina al basso, alla batteria e al pianoforte. Dal 1995 s’impegna in un’intensa attività concertistica live in Italia, Svizzera e Spagna, con tournèe al seguito di Cesar Maldonado, noto cantautore andaluso. Grazie a queste sue esperienze sviluppa un interesse sempre maggiore per il suono, non solo dal punto di vista artistico, ma anche tecnico. Si forma presso il SAE Institute, dove consegue il Diploma di Sound Engineer e il Bachelor of Arts Hons, diventando un professionista del settore del multimedia, dal punto di vista tecnico e produttivo. Dal 2005 lavora a un progetto chiamato T’ascolto Records, una sorta di etichetta che si occupa della crescita e della preparazione di giovani artisti all’ingresso nel difficile panorama musicale delle grosse etichette musicali. E’ fonico di studio del jazzista Luca Zamponi, tecnico del suono e regista per diverse emittenti radiofoniche e televisive del territorio lombardo. Lavora come consulente e fonico freelance su diversi progetti discografici, e dal 2009 è tecnico e regista presso l’emittente radiofonica Inblu. Nel 2006 produce il suo primo singolo blues I’m just a bluesman, preceduto di un anno dal suo primo disco Only for my guitar, composto di cover, prodotto, suonato e mixato in prima persona. E’ prevista per il 2011 l’uscita del suo primo disco inedito, suonato, prodotto e mixato sempre in prima persona, registrato presso i 99studio, il cui singolo di lancio Shine ha già ottenuto passaggi radiofonici su circa 200 radio del territorio italiano.

Come è nata questa tua passione per la radio?

Durante il mio percorso formativo non avevo la minima intenzione di interfacciarmi al mondo radiofonico. Anni fa grazie ad una radio di matrice religiosa, radio Maria, ho avuto l’opportunità di sperimentare cosa volesse dire essere responsabili di una trasmissione. Mi è piaciuto, ma non ero ancora convinto che quello potesse essere il mio lavoro. Poi quasi per caso sono entrato a far parte dello staff tecnico di radio MilanInter, dove grazie a persone come Claudio Zuliani, noto giornalista radiofonico e televisivo, ho imparato molti segreti del mestiere e mi sono definitivamente innamorato del mezzo radiofonico. Ora sono in un circuito nazionale di 300 radio, radio InBlu, e posso affermare di aver trovato il lavoro della mia vita. Sono un regista, lavoro con la musica, con il suono e con persone che condividono la mia stessa passione: ho la fortuna di divertirmi lavorando, sono un privilegiato.

Cosa fai esattamente in radio e nella vita?

Io sono quello che sta “dall’altra parte del vetro”. In pratica tiro le fila del programma radiofonico, gestisco la musica in diretta e mi occupo di tutto quello che riguarda la trasmissione (sketch, jingle, sigla, servizi, editoriali…). Nella vita, lavorativamente parlando, sono un musicista professionista ed un esperto di multimedia. In ambito non lavorativo vivo di musica, immagine, suono e cucina.

Cucini?

Sì. Credo che la cucina sia una forma d’arte al pari della fotografia, del cinema o della stessa musica. E’ rilassante e soddisfacente. Quando vedi i tuoi muffin preferiti uscire dal forno con quel colore perfetto o quando fai un piatto che vorresti fotografare per l’accuratezza della scelta dei colori… ti senti un vero artista!

Un uomo che suona, adora la musica e sa cucinare, sarebbe proprio da sposare!

Credo che l’uomo moderno debba imparare ad arrangiarsi. Cerco di sperimentare tutto ciò che mi passa per la testa, in cucina, come nell’arte in generale cerco di lasciare libero sfogo alla creatività.

Cosa suoni e a chi ti ispiri?

Il mio strumento principale è la chitarra, ma con gli anni ho imparato a conoscere la musica prima a livello teorico, poi pratico avvicinandomi ad altri strumenti come batteria, basso e pianoforte. E poi c’è la voce, lo strumento più bello perché fa parte di noi, non necessita “appendici”. Le mie fonti d’ispirazione sono molteplici, ma credo che il gruppo che più ha influenzato la mia vita e la mia musica siano i Beatles. Vicino a loro ci sono tanti nomi del jazz, del blues, ma anche generi più commerciali. L’unico genere che fatico a comprendere è il Metal, pur con la consapevolezza che presenta interpreti importanti. Credo che l’importante nella musica sia l’emozione. Ho sempre visto il suonare, soprattutto il mio esibirmi dal vivo, come uno scambio di emozioni tra me e chi ascolta e più queste emozioni sono reali, vere, più la musica arriverà al cuore delle persone e si creerà qualcosa di unico.

Scrivi canzoni?

Certo, è la parte del mio essere musicista che più mi piace. Scrivo canzoni da anni, è il mio modo di dire tante cose che diversamente non riuscirei a esprimere. Parlo delle mie esperienze personali, di ciò che mi accade, delle persone a cui voglio bene. Oggi si scrive molto per sentito dire, con risultati più che banali. Ora sto registrando un disco d’inediti che spero di far uscire entro un anno dal titolo “Life on the notes”, titolo anche del libro che sto scrivendo che vorrei abbinare al disco: in pratica gioco con le parole, la vita sulle note musicali, ma anche la vita sulle note come appunti.

Sogni nel cassetto?

I sogni sono davvero importanti. Credo che l’uomo debba sognare in grande e fare di tutto per realizzare quei sogni. Da bambino sognavo di diventare un chitarrista e oggi lo sono; poi ho sognato di esibirmi in pubblico e lo sto facendo. Ho mille sogni nel cassetto, ma due veramente importanti: fare un musical e creare un progetto di Christian Music estremamente moderno. Magari tra qualche anno ti racconterò come è andata.

Comunque, in genere si dà la colpa dell’impossibilità di realizzare i propri progetti a mille fattori come i politici o la crisi, ma io credo che spesso ci si dimentica che le cose che si desiderano, bisogna andarsele a prendere. Non dico che il mondo sia perfetto, ma non deve diventare una scusante del nostro rinunciare alle sfide della vita. La mattina leggiamo il giornale e ce la prendiamo con il governo, poi accendiamo la tv e di nuovo parte la contestazione e la rabbia verso chi sta meglio di noi grazie a metodi discutibili, e la nostra giornata prosegue così con mille ragioni di odio. Un giorno mi sono fermato e ho detto: “Ma chi me lo fa fare? Sono cose che non possiamo cambiare ed io personalmente non voglio farmi rovinare l’esistenza”.

Hai conosciuto persone famose? Chi ti ha colpito di più?

Ho conosciuto tantissime persone, anche se credo che la nostra società dia importanza a quelle sbagliate. Noi ormai siamo convinti che le persone importanti siano quelle “note”, quelle che hanno la fama delle copertine o della televisione e di queste ne ho conosciute tante. Invece di persone che t’insegnano a vivere, che cercano di far sempre del loro meglio, risolvendo mille problemi, ne ho conosciute davvero poche; queste per me sono le persone veramente importanti e credo che bisogna tenersele strette e imparare tutto quello che si può. Arisa e Alexia, mi hanno colpito molto, per due ragioni molto diverse: Arisa è incredibile, una persona che trasmette una positività fuori dal comune, nonostante tutte le difficoltà di questo lavoro; Alexia invece è timida, una donnina piccola e riservata, ma quando inizia a sentirsi a suo agio è davvero una persona semplice senza presunzione, non si è montata la testa. La cosa però che mi ha insegnato questo lavoro è la normalità delle persone che, come si dice, sono arrivate al successo.

Come si fa ad arrivare in radio?

Ci vuole tanto impegno, studio e umiltà! La radio è un mondo estremamente difficile da avvicinare. I network più grossi fondano la loro attività sui pochi nomi e sempre quelli. Fare radio si basa sull’interazione perfetta delle persone perciò nel momento in cui uno speaker trova la sua spalla e il suo regista, non cambierà la sua squadra. Bisogna farsi conoscere, non basta mandare curriculum, in radio bisogna anche presentarsi personalmente e non scoraggiarsi se nessuno richiama, ma continuare a proporsi in maniera non stressante. Io ho avuto la fortuna di essere al posto giusto nel momento giusto. Cosa fondamentale è studiare. Spesso si ha l’idea che fare radio o il cantante sia un hobby più che un lavoro. Il mio consiglio per chi vuole fare questo lavoro è di iniziare studiando il suono e i macchinari, e dimostrare di avere un bagaglio formativo ampio. Ma anche studiare non basta, la radio è un mezzo completamente diverso da qualsiasi altro lavoro, bisogna saper ascoltare per imparare. Ho la fortuna di lavorare con voci storiche, una su tutti Gianni de Berardinis e non c’è giorno in cui non riesca ad imparare qualcosa di nuovo.

Come si diventa musicista?

Fare il musicista, oggi, significa essere qualcosa di nuovo. Bisogna conoscere tutto quello che è stato fatto e sfruttare le proprie conoscenze per innovarsi. E’ fondamentale studiare, io per esempio, non ho mai smesso di studiare da quando avevo cinque anni. Oggi si criticano i giovani usciti dai talent show perché arrivano al successo troppo rapidamente. Io non li critico, sono dispiaciuto per loro perché temo che si spegneranno molto velocemente. Quando passi anni nei locali più disperati impari a gestire non solo le situazioni più difficili, ma anche a gestire te stesso. Io non critico i giovani che escono dai talent show, molti li ho conosciuti in radio e gli auguro ogni bene, solo devono “crescere” molto rapidamente e non credo che tutti siano in grado di farlo.

Che emozioni provi quando suoni o varchi la porta della regia?

Impossibile da descrivere. Ricordo che durante uno dei miei primi concerti, era un 31 dicembre di parecchi anni fa, ho provato un’emozione talmente forte al termine di un brano di Alex Baroni che non sono riuscito né a cantare né a suonare per una decina di minuti. In un’altra occasione qualche mese dopo, una platea di 500 persone cantava, per la prima volta, all’unisono insieme a me e ballava. Ora l’emozione non cambia, s’impara a gestirla, ma quando sono in radio o quando sono su un palco mi sembra che il tempo rallenti, vorrei rimanerci per tutta la vita, sento un’energia pazzesca che scorre in me e ho solo voglia di abbracciare chi ascolta. Credo di essere davvero un privilegiato…

di: Valentina Meschia

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